Jesi
è un comune italiano di 40.500 abitanti della
provincia di Ancona nelle Marche. Jesi è situata
nella bassa valle dell'Esino. Si estende su una superficie
di 107 km², ad un'altitudine di 97 m s.l.m..
Nonostante la vicinanza al mare, Jesi presenta un
clima alquanto continentale. Il clima è caratterizzato
da inverni freddi e umidi, a volte nevosi. In gennaio
spesso tirano venti di tramontana (coda di bora).
Si ricordano per esempio fra gli inverni rigidi quelli
del 1995 e del 1996 dove si contavano 50-60 cm di
neve e una temperatura notturna di -12 °C. Le
estati sono umide e afose, caratterizzate per lo più
da una totale assenza dei venti. Nel 2003 si registrarono
picchi record di 43 °C. Alla fine dell'estate
(agosto) spesso si verificano violenti temporali con
possibili grandinate. Le stagioni mediane, fresche
sui rilievi, e temperato sulla fascia costiera, possono
rivelarsi anche molto piovose (aprile-maggio) e con
presenza di dense foschie e nebbie, in particolare
nei mesi autunnali.
ETIMOLOGIA
Anticamente Aesis, da ais, acqua, fonte.
DA
VEDERE
Mura. La cinta fortificata, tra le meglio conservate
dell'intera regione, racchiude il nucleo medievale
della città, di compatta forma trapezoidale,
per un perimetro di circa 1,5 km. Vennero erette nel
XIV secolo sul tracciato delle più antiche
mura romane, rappresentando il simbolo della libertà
Comunale. Nel XV secolo vennero quasi totalmente ricostruite
(fa eccezione la parte detta del "Montirozzo")
ad opera dei famosi architetti militari Baccio Pontelli
e Francesco di Giorgio Martini. Sono costituite da
alti muraglioni cortinati con beccatelli, rinforzati
da torrioni e aperte da sette porte (oggi ne restano
aperte solo quattro). La conformazione delle mura
varia in rapporto alla morfologia del terreno che
presenta livelli di quota differenziati, dalla pianura
(66 m slm.) alla collina (96 m slm.). Le mura della
parte meridionale, racchiuse tra il Torrione Rotondo
e il Torrione di Mezzogiorno (costruito nel 1454),
erano fiancheggiate da un fossato, oggi interrato,
e si presentano "basse", caratterizzate
da semplici cortine verticali con beccatelli e caditoie.
Si fanno più alte e imponenti sul versante
orientale, poste sui pendii, che hanno cortine rafforzate
con scarpata per una maggior difesa contro le armi
da fuoco. Sulla parte più alta, quella nord-occidentale,
che si apriva sul prolungamento della città
"nuova", la cosiddetta "Addizione di
Terravecchia", sorgeva la Rocca Pontelliana,
eretta su progetto di Baccio Pontelli, appunto, a
partire dal 1487 e già demolita nel 1527, l'ultimo
torrione (di fianco l'Arco del Magistrato) venne smantellato
nel 1890.
Palazzo della Signoria. Uno dei più imponenti
palazzi pubblici delle Marche, fu costruito tra il
1486 e il 1498 dal celebre architetto senese Francesco
di Giorgio Martini. La facciata, al cui centro è
un altorilievo che raffigura lo stemma della città
(un leone rampante coronato), il portale della "Salara"
e gli altri rilievi furono disegnati dal Martini ed
eseguiti da Michele di Giovanni da Milano e dal figlio
Alvise. La torre angolare venne molto sopraelevata
nel 1661 e sormontata da cupola (come si può
vedere raffigurata in quadri e stampe del tempo),
ma purtroppo rovinò già nel 1666, la
mancanza di fondi per la riedificazione la fece rimanere
nello stato odierno. Il cortile porticato interno,
con tre ordini di logge, sebbene l'ultimo non sia
mai stato completato, presenta quattordici archetti
sorretti da pilastri in mattoni rossi a vista e capitelli
scanalati che si alzano per l'intero tracciato del
cortile. In posizione arretrata rispetto al centro,
c'è un pozzo costruito in pietra da Giovanni
di Gabriele da Como. Nel secondo ordine, colonne in
pietra d'Istria con capitelli corinzi, sorreggono
le volte a crociera del loggiato e sono state disegnate
da Andrea Sansovino, chiamato a Jesi nel luglio del
1519. All'interno ospita la "Biblioteca comunale
Planettiana", fondata nel 1859, grazie alla donazione
fatta dal marchese Angelo Ghislieri della propria
scelta libreria, prende il nome dal prezioso fondo
librario ed archivistico donato dalla famiglia Pianetti
al Comune nei primi del Novecento. Oggi con i suoi
circa 110.000 volumi è una delle più
importanti della Regione, vi si conservano pregevoli
incunaboli e manoscritti, fra cui anche la lettera
dell'imperatore Federico II agli jesini.
Palazzo Balleani. È un esempio di barocco locale,
venne realizzato a partire dal 1720 su disegno dell'architetto
romano Francesco Ferruzzi. Sull'elegante facciata,
dagli spigoli arrotondati, è una caratteristica
balconata rococò con ringhiera in ferro battuto
sorretta da quattro possenti telamoni, realizzata
nel 1723 dal ravennate Giovanni Toschini. L'interno
colpisce per la ricchezza delle sale con i soffitti
dai leggerissimi e raffinati stucchi dorati, eseguiti
da diversi artisti, tra cui i decoratori Giuseppe
Confidati, Antonio Conti, Marco d'Ancona, Orazio Mattioli
e il pittore Giovanni Lanci.
Piazza Federico II. È la storica piazza più
importante della città. Tutta racchiusa da
edifici nobiliari e dal Duomo. Sorge sul luogo del
Foro romano, all'incrocio fra il Cardo e il Decumano
massimi. Sono state ritrovate anche le fondamenta
degli edifici che la cingevano, come quelle del Teatro,
delle Terme e della Cisterna. Dopo le devastazioni
barbariche vi sorse la prima cattedrale cristiana
di Jesi, forse sulle fondamenta di un precedente tempio
pagano. Il giorno di S. Stefano del 1194, sotto un
grande padiglione appositamente eretto, nacque l'imperatore
Federico II. Per ricordare san Floriano, in età
comunale, tutte le genti e i cittadini dei Comuni
sottomessi si riunivano ogni anno (il 4 maggio) in
questa piazza per rendere omaggio alla città
con i propri gonfaloni (detti Palli) e festeggiare
il patrono. La festa si chiamò Palio di San
Floriano. La conformazione odierna è quella
assunta dal luogo durante il XVIII secolo. Chiude
la piazza una caratteristica balaustra, realizzata
nel 1758 dal bolognese Gaetano Stegani, architetto
della Legazione di Urbino. La fontanaobelisco
è opera di Raffaele Grilli e di Luigi Amici
(artefice delle leonesse).
Palazzo Ripanti. Si estende per tutto il fronte meridionale
di piazza Federico II e costituisce un complesso residenziale
tra i più vasti della città. Il nucleo
originale, risale al XV secolo e venne ampliato succesivamente
fino a congiungersi con l'attuale facciata che prospetta
sulla piazza. Con l'acquisto nel 1724 dell'adiacente
edificio dell'Ospedale di S. Lucia da parte del conte
Emilio Ripanti, il vecchio palazzo di famiglia venne
saldato alla nuova proprietà. L'ex ospedale
fu risistemato soltanto al suo interno, ricavandone
un nuovo scalone, il teatro e le sale decorate da
Domenico Valeri. Il palazzo venne ampiamente ristrutturato
su progetto di Andrea Vici. Il prospetto sulla piazza,
in stile tardo-barocco, è munito di ampio portale
con balcone sorretto da colonne e presenta tre ordini
di finestre con architravi ornati alternativamente
da emblemi della conchiglia, del sole nascente e dell'aquila
(quest'ultimi due compaiono anche nello stemma di
famiglia). All'interno un androne introduce ad uno
scalone monumentale decorato con statue dello scultore
Giocchino Varlé giunto nelle Marche a seguito
del Vanvitelli. La famiglia Ripanti, di antico e nobile
blasone, ebbe famosi giureconsulti, scrittori e prelati.
Si estinse nella seconda metà del XIX secolo
e il palazzo passò allora alla Curia vescovile
che lo ha adibito prima a Seminario diocesano e attualmente
a sede del Museo diocesano.
Duomo. Dedicato a San Settimio, fu costruito tra il
XIII e il XIV secolo ad opera di Giorgio da Como,
e rifatto tra il 1732 e il 1741 da Domenico Barrigioni.
Della vecchia costruzione rimangono, all'interno,
i due leoni-acquasantiere già facenti parte
del portale della chiesa. Il campanile , che caratterizza
il profilo urbano, è opera del locale Francesco
Matellicani, che lo eresse nel 1782-84 ispirandosi
a quello vanvitelliano del santuario di Loreto. La
facciata, caratterizzata da una serliana, è
stata aggiunta nel 1889. Linterno si presenta
a navata unica e cupola emisferica, secondo il gusto
neoclassico dell'epoca. Durante il XVIII secolo vennero
aperte molte cappelle laterali arricchite con dipinti,
decorazioni e arredi liturgici volute dai nobili jesini.
Convento di San Floriano. È la chiesa più
importante della città sotto il profilo storico
e religioso. Infatti fin dal XII secolo fu dedicata
al patrono della comunità jesina e qui si svolgevano
le più importanti cerimonie pubbliche tra cui,
il 4 maggio, la presentazione del Palio da parte dei
Castelli di Jesi in segno di sottomissione alla città.
Nel 1439 venne presa in consegna dai Frati Minori
Conventuali, provenienti dal convento di San Marco,
che dal 1478, procedettero ad un rinnovamento interno
del tempio medioevale che era a navata unica, orientato
in direzione nord-sud, con ingresso sul cortile dell'attuale
Palazzo Ghisleri. Negli stipiti della porta d'ingresso
sono tuttora visibili alcune pietre intagliate in
stile romanico della precedente chiesa medioevale.
Fu allora che la planimetria venne modificata collocando
l'ingresso verso la piazza, con la creazione di nuove
cappelle che ben presto si arricchirono di monumenti
sepolcrali ed opere d'arte, tra cui la Deposizione,
la Annunciazione e la Pala di Santa Lucia di Lorenzo
Lotto, realizzate tra il 1512 e il 1532 ed ora conservate
nella Pinacoteca Civica assieme ai sarcofagi e ai
bassorilievi che originariamente la adornavano. L'aspetto
attuale è frutto del rifacimento avviato nel
1743 nel corso del quale la chiesa e il convento subirono
radicali trasformazioni ad opera dell'architetto Francesco
Maria Ciaraffoni che ne progettò gli interni
e lo scalone. Presenta un grande tiburio e una facciata
mai completata. L'interno, a pianta centrale ellittica,
è tutto impostato sulla bellissima cupola a
base ovale riccamente decorata di stucchi e affreschi
con le Storie di san Francesco eseguiti in stile tardo-barocco
dal locale Francesco Mancini a partire dal 1851. La
chiesa, sconsacrata nel 1860, divenne prima sede della
Biblioteca civica, poi della Pinacoteca Comunale e
oggi, infine, è sede del Teatro studio Valeria
Moriconi, dedicato all'attrice jesina.
Chiesa di San Marco. Sorge poco fuori dalla cerchia
delle mura, fa parte di un complesso monastico di
clausura. Venne eretta in stile Gotico nel XIII secolo
e presenta una facciata tripartita aperta da un ricco
rosone in cotto sormontante un portale marmoreo. L'interno
è diviso in tre navate da pilastri ottagonali
che reggono volte a crociera. Vi si conservano alcuni
affreschi trecenteschi, superstiti del ciclo pittorico
che originariamente decorava la maggior parte delle
pareti della chiesa, che ritraggono il "Transito
della Madonna", la "Madonna di Loreto",
la "Crocifissione" e l'"Annunciazione".
Le pitture murali hanno dato luogo ad alcune difformità
di attribuzione, ma i recenti restauri hanno permesso
di chiarire la matrice di scuola riminese degli affreschi
ricondotti a Giovanni e Giuliano da Rimini e ad artisti
di ambito fabrianese. Nel corso dei restauri effettuati
il secolo scorso (1854-1859) dall'architetto Angelo
Angelucci e dai pittori Silvestro Valeri di Perugia
e Marcello Sozzi di Roma, si è provveduto a
completare la decorazione della volta e dei sottoarchi,
oltre che degli arredi lignei.
Chiesa di San Giovanni Battista. Ledificio risale
al XIII secolo, quando si iniziò ad urbanizzare
quella parte di terreno, detta di Terravecchia, appena
fuori dalla primitiva cerchia muraria. Ricostruita
interamente dai frati Apostoliti alla fine del 500,
nella seconda metà del 600 venne ristrutturata
e portata a nuova veste dai Padri Filippini, i primi
e quasi gli unici ad introdurre il Barocco nelle Marche.
Presenta una sobria facciata, ma ha un interno sfavillante
di stucchi nella particolare coloritura bianco-oro.
Vi si conservano varie opere d'arte, fra cui la preziosa
icona del Sangue Giusto, affresco del
1333 attribuito a Pietro da Rimini.
Chiesa di San Nicolò. È l'edificio più
antico della città di Jesi, documentato fin
dal XII sec. Le originali forme romaniche vennero
rimaneggiate nel XIV sec. con laggiunta di elementi
gotici. Linterno, a tre navate absidate, presenta
una prevalenza di volte a crociera costolonate sostenute
da pilastri compositi; rimandano invece a forme romaniche
le navate laterali introdotte da archi a tutto sesto.
Degli affreschi realizzati nella prima metà
del XVI sec. non rimangono in loco che poche, illeggibili,
tracce. Da San Nicolò proviene tra laltro
laffresco di Pietro da Rimini raffigurante San
Francesco (1333), oggi conservato alla Galleria
Nazionale di Urbino, e LIcona del Sangue Giusto,
oggi conservata presso la chiesa di San Giovanni Battista.
Particolarmente originale è la decorazione
esterna del complesso absidale che presenta una successione
di archetti pensili a goccia. Di estrema semplicità
è la facciata a due spioventi al cui centro
si apre un portale ad arco senese in marmo policromo
e ghiera in laterizio a spina.
Chiesa di Santa Maria delle Grazie, originaria del
Quattrocento ma con il campanile del XVII secolo e
rifatta del XVIII secolo, custodisce all'interno l'immagine
della Madonna della Misericordia, affresco attribuito
ad Antonio da Fabriano.
Ex Orfanotrofio femminile, con chiesa annessa, esempio
di edilizia "illuminata" della seconda metà
del XVIII secolo, dell'architetto romano Virginio
Bracci.
Chiesa di San Pietro, di origini medioevali, ricostruita
nel XVIII secolo ad opera dell'architetto Mattia Capponi,
con facciata coronata da due campaniletti.
Cappella di San Bernardo, già cappella del
Palazzo Pianetti "in Porta Valle", con esuberante
interno settecentesco ricco di stucchi tipicamente
mitteleuropei , recentemente recuperata dopo essere
stata adibita a deposito di carbone, ospita periodicamente
esposizioni e manifestazioni culturali.
Chiesa di Santa Maria del Piano, ex abbaziale, fuori
dal centro storico lungo la strada per Macerata, che
conserva all'interno antiche vestigia delle sue origini.
Chiesa di San Savino (resti), di epoca altomedioevale,
a poca distanza dalla "nuova" costruita
alla metà del XVI secolo.
ORIGINI
E CENNI STORICI
Jesi ha origini molto antiche, venne fondata dall'antico
popolo degli Umbri; si ritiene sia stata l'ultimo
avamposto degli Umbri in territorio piceno. Nel IV
secolo a.C. i Galli Senoni, popolazione celtica calata
dal nord (Senoni dalla città francese di provenienza
Sens), scacciarono gli Umbri e si stanziarono sulla
costa orientale dell'Italia, da Rimini ad Ancona,
in quello che venne denominato Ager Gallicus. Stabilirono
il confine sud del loro dominio sul fiume Esino facendo
di Jesi l'ultima roccaforte di difesa contro i Piceni.
Vi fondarono "Sena Gallica" (Senigallia)
che divenne la loro capitale. Per oltre un secolo
si verificarono molti scontri fra i Galli Sènoni
e i Romani, finché, a seguito della Battaglia
del Sentino del 295 a.C. Roma sconfisse definitivamente
i popoli Italici, nel 283 a.C. i Galli Sènoni
furono debellati e quindi sottomessi. I Romani stabilirono
nel tempo numerose colonie, Jesi nel 247 a.C. venne
trasformata nella colonia civium romanorum di "Aesis"
e incorporata nella Regio VI Umbria. Nasce così
il municipium di Aesis con una struttura urbanistica
corrispondente al modello del Castrum, modello sostanzialmente
rimasto intatto. La continuità demica da allora,
nonostante il susseguirsi delle invasioni, non fu
più interrotta. In epoca romana Cupramontana
e Planina furono i due centri vicini e rivali di Aesis,
ma a differenza di quest'ultima non sopravvissero
ai saccheggi e alle distruzioni barbariche. Con la
caduta dell'Impero Romano d'Occidente nel 476 d.C.
ad opera dei Goti guidati da Odoacre, Jesi, venne
devastata dagli stessi. Qualche anno dopo, nel 493,
con la conquista dell'Italia da parte degli Ostrogoti
di Teodorico fu distrutta nuovamente. Nel 554 con
la Pragmatica sanctio Teodorico è costretto
a cedere tutta l'Italia ai Bizantini e così
anche Jesi, che poi venne inclusa, con la parte nord
delle Marche e parte sud della Romagna, in uno dei
sette distretti militari dell'Esarcato di Ravenna,
la Pentapoli, costituita nel 585 dall'imperatore Maurizio
I. In seguito i Bizantini la eressero a uno dei centri
principali della nuova "Pentapoli annonaria"
(insieme a Gubbio, Urbino, Cagli e Fossombrone), costituita
in contrapposizione a quella "Marittima"
(Rimini, Pesaro, Fano, Senigallia e Ancona), per un
maggiore controllo e difesa del territorio interno
della regione. Un ulteriore riconoscimento per Jesi
fu l'elevazione a Diocesi, come conferma la mensione
di un suo vescovo già nel 680. Dal 728 i Longobardi
ripresero le invasioni verso le Pentapoli quando infine
nel 751, guidati dal re Astolfo conquistarono l'Esarcato
e devastarono Jesi. In seguito alle invasioni dei
Franchi del 752-754, il loro re Pipino il Breve, conquistò
i territori del vecchio Esarcato nel 754, e con l'accordo
papale della Promissio Carisiaca li donò all'autorità
di papa Stefano II Orsini, creando lo Stato della
Chiesa e dando quindi inizio al potere temporale dei
Papi. A partire dall'VIII secolo l'azione dei monaci
benedettini diede vita, nella valle dell'Esino, ad
innumerevoli abbazie. Ma il dispotismo papale portò
a una crisi finanziaria, sociale e culturale che spesso
sfociò in varie sanguinose rivolte, talvolte
viste anche a riportare il dominio dei Longobardi.
Solo nel 773 l'esercito dei Franchi di Carlo Magno
debellò definitivamente i Longobardi. Ma le
rivolte continuarono frequenti, tanto che con l'incoronazione,
, di Carlo Magno a Imperatore il 25 dicembre dell'800,
Jesi, pur appartenendo alla Chiesa, ricade sotto la
giurisdizione imperiale ed entra a far parte della
nuova contea della Marca. A partire da questo periodo
prende forma la struttura feudale della città.
Nel 999 l'Imperatore Ottone III riconsegna alla Chiesa
di papa Silvestro II otto contee, tra cui quella di
Jesi. Sull'esteso territorio di Jesi sorgevano ben
29 abbazie camaldolesi e benedettine insieme a numerosi
possedimenti dei conti di Jesi (gli Attoni, di stirpe
longobarda) e quelli di altri piccoli centri. Iniziò
così un periodo di profonda crisi e sottomissione.
Cominciarono nuovamente le furenti lotte di ribellione
delle città più importanti delle Marche
interecontro il dominio ferreo pontificio. Le lotte
erano così numerose e insistenti che il papa
dichiarò, in una bolla, le "Marche"
una regione ingovernabile. Nel 1130 Jesi si erge a
Libero Comune con un proprio Governo autonomo, Podestà,
Consoli e Scuole di Arti e Mestieri che segnò
il tramonto del feudalesimo. Segue il momento storico
più interessante della città, con l'elaborazione
degli Statuti, con la costruzione dei palazzi del
Podestà, del Comune e la Cattedrale intitolata
a S. Settimio, si fortificano le mura sul tracciato
di quelle d'epoca romana. Durante il XII secolo e
quelli successivi nobiltà locale, artigiani
e commercianti s'allearono fondando la cosiddetta
"Respublica Aesina" e cominciarono la conquista
del Contado, che sottrassero ai grandi feudatari laici
ed ecclesiastici, più conosciuti come Castelli
di Jesi. Questa espansione territoriale creò
scontri furiosi con i vicini più potenti, fra
i primi Ancona, con la quale si susseguirono lunghe
e dure lotte di supremazia. Il 26 dicembre 1194 nacque,
in una tenda imperiale nella piazza centrale della
città, l'antico Foro romano, il grande imperatore
Federico II, che donerà a Jesi il titolo di
"Città Regia" che sanciva importanti
diritti di piena autonomia, grandi privilegi sul dominio
del Contado e libertà comunali che neanche
la Chiesa, con il suo alterno dominio, poté
più togliere. Jesi passò così
definitivamente alla fazione ghibellina e le sue fortune
politiche saranno legate per anni a quelle di Federico
II e dei suoi figli Enzo e Manfredi con l'ottenimento
di "privilegi imperiali" seguiti da inevitabili
"scomuniche ecclesiastiche". Con la nomina
nel 1353 del cardinale Egidio Albornoz a Vicario generale
dei domini della Chiesa in Italia, si cercò
di ricondurre tutti i comuni e le signorie sotto il
controllo, diretto o indiretto, dell'autorità
papale e furono emanate le Costituzioni egidiane che
regolavano lo Stato della Chiesa. Tra il 1373 ed l'inizio
del XV secolo diverse lotte per il potere sconvolgono
la regione, portando distruzione e miseria per la
popolazione. Nonostante la caduta sotto il dominio
papale della Romagna e di Ancona, Jesi, grazie ai
privilegi imperiali, riuscì a mantenere l'autonomia
della sua piccola Repubblica. Tuttavia in seguito
Jesi in seguito fu occupata dal vicario pontificio
Filippo Simonetti, da Galeotto I Malatesta nel 1347-51,
da Braccio da Montone nel 1408, e da Francesco Sforza,
di cui divenne un autentico caposaldo, tanto che nel
dicembre 1433 Francesco Sforza invade il territorio
marchigiano partendo proprio da Jesi. È solo
nel 1447 la Chiesa riuscì a riprendere il controllo
comprando le città. Nel 1477 tornò definitivamente
sotto il dominio egemonico dello Stato pontificio,
pur riuscendo a mantenere qualche diritto sui territori
del Contado grazie ai titoli ricevuti da Federico
II secoli prima. Intorno al 1470 si diffonde nella
Marca d'Ancona una grave pestilenza che decima fortemente
la popolazione e nel dal 1471 ricomincia il ripopolamento
dezza zona con genti provenienti dall'Emila e dalla
Lombardia, numerosi sono i luoghi a loro intitolati,
come via dei Lombardi, Costa dei Lombardi, via Fiorenzuola,
ecc. La fine del periodo signorile, la fine della
peste e la ricomposizione dell'assetto comunale donano
al potere centrale un certo equilibrio stabile e avviano
dapprima una grande ripresa economica, demografica
e soprattutto edilizia della città. A partire
dalla seconda metà del quattrocento si modifica
profondamente il volto architettonico della città
con la costruzione di nuove chiese e palazzi e la
progressiva espansione urbanistica fuori dalla cerchia
delle vecchie mura. Sono di questo periodo il rafforzamento
del sistema difensivo cittadino ad opera del fiorentino
Baccio Pontelli, la costruzione su progetto del senese
Francesco di Giorgio Martini del Palazzo della Signoria,
uno dei più bei palazzi monumentali della Marca.
Accanto alla rinascita economica ed edilizia c'è
quella culturale: il pittore veneziano Lorenzo Lotto
realizza per alcune Chiese della città capolavori
assoluti d'arte e spiritualità; Federico Conti
da Verona stampa a Jesi nel 1472, una delle primissime
edizioni della Divina Commedia e Ciccolino di Lucagnolo,
cesellatore raffinato e maestro di Benvenuto Cellini
sviluppa e perfeziona l'arte orafa. Verso la fine
del '500 l'oligarchia locale, costituitasi ormai solidamente
in ceto di proprietari terrieri rivendica a se tutto
il potere politico e amministrativo, potere che mantiene
fino alla fine del '700. Nel 1797 le truppe napoleoniche
porranno fine sia al monopolio nobiliar-papale che
al dominio sul Contado. Due riferimenti storici più
significativi da segnalare per il secolo XVIII: la
trasformazione architettonica ed urbanistica della
città e la nascita di Giambattista Pergolesi
e Gaspare Spontini, due grandi personalità
nel campo della musica che si affermarono in tutta
Europa. Nel 1808 con l'annessione delle Marche al
Regno Napoleonico, nella cosiddetta Repubblica Romana,
Jesi diviene uno dei capoluoghi di distretto del Dipartimento
del Metauro. Con la caduta di Napoleone a Waterloo
e la succesiva Restaurazione del 1815, Jesi ritornò
di nuovo sotto i papi, ma comincia a prendere forma
una concezione laica e borghese dello Stato. Nei primi
decenni dell'800 inizia a Jesi un graduale processo
di industrializzazione con la nascita delle prime
manifatture per la seta. Le vicende risorgimentali
che condurranno alla unità d'Italia coinvolsero
diversi personaggi jesini tra cui il Marchese Antonio
Colocci eletto nel 1849 quale rappresentante della
Provincia di Ancona all'Assemblea Costituente della
Repubblica Romana e poi, dopo l'Unità, quale
deputato e Senatore del Regno. Il 15 settembre del
1860 i bersaglieri entrarono a Jesi mentre cinque
giorni più tardi, nella vicina Castelfidardo
le truppe piemontesi guidate dal generale Cialdini
sconfiggono l'esercito papale nella Battaglia di Castelfidardo,
sancendo la definitiva unione delle città al
Regno d'Italia.
Città
natale di Federico II di Svevia (1194) e del compositore
Giovan Battista Pergolesi (1710). Fu una delle prime
città italiane a istituire una tipografia.
Fu qui che Manuzzi modificò i caratteri di
stampa, che prima erano in legno, utilizzando il piombo.
Nel 1969 è stata sede d'un Convegno Urbanologico
Internazionale promosso dall'UNESCO, che l'ha segnalata
come "città esemplare" per l'integrazione
architettonica dei suoi vari strati storici.