Macerata
è una città delle Marche capoluogo dell'omonima
provincia. Sorge su di un colle a 315 metri s.l.m.
tra la vallata del fiume Potenza a nord e quella del
fiume Chienti a sud ; è sita a 30 km a ovest
del mare Adriatico e dista circa 60 km dall'Appennino
umbro-marchigiano. Macerata aderisce all'Associazione
delle Città d'Arte e Cultura. È da segnalare
la stagione lirica nell'originale e suggestivo sferisterio
che si tiene durante il periodo estivo; il teatro
ospita anche la manifestazione musicale Musicultura.
L'università è tra le più antiche
nel mondo fondata nel 1290 con la lettura dell'editto
in tutta la regione da parte di Bartolo da Sassoferrato
che annunciava la fondazione di una scuola di diritto
nella città. Da Macerata parte l'annuale pellegrinaggio
votivo verso la Basilica della Santa Casa di Loreto.
A Macerata hanno sede due importanti editori nazionali,
Liberilibri e la casa editrice Quodlibet. Da segnalare
la presenza di fabbriche di eccellenza in diversi
settori, tra cui: moda ed abbigliamento, arredamento
sport e benessere. Il piatto tipico maceratese sono
i vincisgrassi, una sorta di lasagne al forno. Il
piatto connota Macerata e la sua area, tanto che il
suo nome è stato adottato dall'omonimo gruppo
maceratese di pop demenziale.
ETIMOLOGIA
Deriva dal latino maceria (per maceries) con riferimento
ai ruderi dell'antica Helvia Ricina. Un'altra ipotesi
ritiene che il nome si riferisca a macera, luogo adibito
alla macerazione di canapa e lino.
ORIGINI
E CENNI STORICI
Tra il III e il II secolo a.C. la zona dove oggi sorge
la frazione di Villa Potenza fu colonizzata dai romani
che la chiamarono appunto Helvia Recina. I resti del
teatro romano del II secolo d.C. danno l'idea di una
città di medie proporzioni e florida. La prima
notizia certa dell'esistenza di Ricina risale al I
secolo d.C. da parte di Plinio il Vecchio. L'antica
Ricina si trovava lungo la via Salaria Gallica; al
tempo dell'alto Impero risalgono i monumenti più
importanti, probabilmente era ricoperto di marmi (reimpiegati
durante il Medioevo) con capitelli dorici e corinzi.
Ancora bene riconoscibili sono: l'orchestra, la cavea
e il frontescena in laterizio come prevedeva il teatro
romano classico. Un'antica strada lastricata, il ponte
romano sul fiume Potenza e i resti di ville decorate
con mosaici pavimentali, danno l'idea dell'importanza
del municipio di Ricina che Settimio Severo nel 205
elevò al rango di colonia e la ribattezzò
col nome di Helvia Recina Pertinax, in onore del suo
predecessore l'Imperatore Publio Elvio Pertinace.
Durante il periodo dell'affermazione del cristianesimo
il vescovo di Helvia Recina, Flaviano vi fu martirizzato
nel III secolo circa. Nel V o VI secolo le invasioni
dei Goti costrinsero la maggior parte dei ricinesi
a spostarsi sulle colline nacque così il centro
medievale di Macerata. Discussa è l'etimologia
del nome Macerata: alcuni storici affermano che derivi
dalle maceriae dell'antica Helvia Recina altri sostengono
che derivi da macera parola latina che indica il luogo
dove si pone a macerare il lino e la canapa. Per molti
secoli la città fu divisa in due "poggi",
l'uno indipendente, l'altro sotto il controllo dei
vescovi di Fermo. Nel 1138, dopo grandi lotte contro
Fermo, Macerata ottiene la franchigia di libero comune.
Il 29 agosto 1138 davanti alla pieve di San Giuliano
i due poggi si unificarono ed il castello Castrum
Maceratae dava il nome al nuovo comune, mentre il
Podium Sancti Juliani (oggi sarebbe la zona della
"cocolla" e parte delle "Fosse")
portava la tradizione religiosa ed il suo protettore:
San Giuliano. Con la nascita del comune libero di
Macerata viene creato uno stemma con una macina su
uno scudo rosso con sopra una corona regia. La macina
era un simbolo mutuato dall'antica Helvia Recina ed
oltretutto rappresentava l'operosità dei maceratesi
ed anche una peculiarità del territorio ricco
di acque che servivano appunto all'alimentazione di
molti mulini. Da ricordare che lo stemma cambiò
nel 1570 quando venne aggiunta una croce greca rossa
in campo bianco per concessione di papa Pio V, che
era grato alla città per la partecipazione
di alcuni suoi figli nella lotta contro i Turchi e
per ricordare il concorso dei maceratesi alle crociate
a partire dal 1188. Nella lotta tra la Chiesa e l'Impero
i maceratesi aderirono al partito ghibellino perché
il re Enzo nel 1239 concesse al comune importanti
privilegi sui castelli vicini. Successivamente la
città passò al partito guelfo e come
ringraziamento il pontefice diede carta bianca per
l'istituzione di una sede universitaria, (attività
didattica iniziata il giorno della festa di San Luca
del 1290, Giulioso da Montegranaro I° docente);
allo stesso momento però questo cambiamento
di fronte fece irritare i ghibellini che nel 1316
attaccarono la città con un esercito capeggiato
da Federico da Montefeltro che però fu respinto.
Nel 1320 il papa Giovanni XXII punì le città
di Fermo e di Recanati che avevano partecipato alla
lega ghibellina, togliendo alla prima il territorio
e alla seconda la sede vescovile che passò
al comune di Macerata. Questo portò sia un
aumento della popolazione, che allora era inferiore
a quella di Fermo, a quella di San Severino Marche,
a quella di Ascoli Piceno e ad altri comuni della
Marchia, sia un aumento dell'importanza politica grazie
alla sua fedeltà verso la Chiesa e grazie al
fatto che venne scelta come residenza dei rettori
e dei vicari della Marca anconitana. Nel trecento,
però, si evidenzia la crisi del giovane regime
comunale e si aprì l'era delle Signorie. Macerata
non fu estranea a tale cambiamento e intorno alla
metà degli anni '20 del secolo la famiglia
Malucci, di fede guelfa, divenne signora della città.
Tale signoria durò fino alla metà del
secolo cioè fino a quando il Papa, dalla sua
sede di Avignone, diede mandato al cardinale Egidio
Albornoz di riprendere con la forza il potere nella
Marca anconitana. La città passò poi
alla signoria dei Da Varano di Camerino, la cui spregiudicatezza
nelle alleanze portò non pochi guai alla cittadina,
che infatti fu attaccata nel 1377 dalle truppe del
conte Lucio di Landau, che però dovette ritirarsi.
In questi anni furono costruite diverse chiese ed
altre opere importanti per la città: Santa
Maria della Porta (anche se la parte più antica
risale agli anni 990-1000) che grazie alla confraternita
dei flagellati la imbellirono con un portale in stile
gotico in cotto, San Francesco (1316), Santa Maria
alla Pace (1323) edificata per celebrare la pace tra
guelfi e ghibellini, e la casa del podestà
(1373) costruita in Piazza del Mercato. Dopo anni
di pace e benessere la città, come tutta la
zona circostante, fu occupata da Francesco Sforza
nel 1433 che le impose la sua Signoria che terminò
con una serie di battaglie, che vanno dal 1443 al
1445, che videro contrapposti gli Sforza da una parte
e la Lega Santa (costituita da papa Eugenio IV, dal
duca di Milano e dal re di Napoli) dall'altra. Gli
amministratori della città molto abilmente
presero la palla al balzo e riuscirono ad ottenere
l'istituzione permanete della Corte Generale de lo
Rectore de Sancta Chiesa; questo volle dire che Macerata
divenne ufficialmente capoluogo della Marca anconitana[senza
fonte] con il suo cambiamento da città agricola
a città politico-burocratica con grande incremento
della popolazione (grande immigrazione di notai, magistrati,
soldati ed ecclesiastici). Questo portò anche
a ripensare alle misure difensive e per tale motivo
si decise di costruire una cinta muraria a "scarpa"
(cioè inclinate verso l'esterno) che includesse
all'interno la zona di Porta Mercato (piazza compresa)
e la zona di Porta Montana in più si decise
di creare nuovi torrioni. La città cambiò
il suo assetto in pochi anni: venne ricostruita la
Cattedrale (1459-1464) e furono ristrutturati il Palazzo
dei Priori e quello della Regione per adibirli a sede
del Cardinale Legato, il 15 agosto 1477 si costruì
in un solo giorno[senza fonte] la Chiesa Santa Maria
della Misericordia, situata vicino al Duomo, definita
dai maceratesi la "ciucarella" cioè
la piccina. Dopo l'apparizione della Madonna ad una
donna albanese fu costruita, fuori dalle mura, una
chiesa denominata Santa Maria alla Fonte del Sabato
ed insieme ad essa fu costruito un piccolo ospedale
e delle casette (odierno quartiere di Corso Cairoli)
che potessero ospitare i malati e tutti quelli che
erano sospettati di avere la peste e che quindi erano
espulsi dalla città. Alla fine del secolo si
cominciò a costruire la Torre civica ma i lavori
si bloccarono dopo pochi anni. Questo è sicuramente
il secolo d'oro per la città; infatti in tali
anni a Macerata c'è una fiorente vita sia a
livello polito-burocratico sia a livello economico.
Nei primi anni del secolo c'era grande pericolo di
invasione da parte dei Lanzichenecchi e di altre truppe
straniere, così si decise di concludere i lavori
alla cinta muraria con uno splendido esempio di sistema
bastionato sangallese che cingeva sia il Borgo Novo
(Corso Garibaldi di oggi) sia il Borgo Vecchio (cioè
Via Mozzi), tra Porta Montana e Porta Romana, con
la costruzione di vari fortini penetrativi verso l'esterno
i quali permettevano una migliore difesa-offesa. Nei
primi anni si decise di ristrutturare la piazza centrale
e tali lavori furono affidati in parte a Cassiano
da Fabriano, che realizzò la Loggia dei Mercanti,
e in parte all'architetto della Santa Casa di Loreto
Lattanzio Ventura. Questi ridisegnano la forma della
piazza che diventa trapezoidale, abbattono due chiese
ed alcune case private, fu edificato il Palazzo Legatizio,
il Palazzo allo Studio, che divenne la nuova sede
universitaria (oggi è la sede del comune),
si costruì un nuovo Palazzo comunale e ripresero
i lavori per la costruzione della Torre civica, si
ricostruì la Strada Grande (oggi Via Matteotti)
e a fine secolo, vista la mancanza di spazio, si permise
la costruzione di abitazioni fuori dalle mura e si
ampliò il vecchio Borgo San Giuliano (chiamto
oggi anche "Fosse" vista la sua notevole
pendenza), si incominciò a costruire fuori
porta Romana (oggi Corso Cavour) e soprattutto si
rivitalizzò la zona creata nel secolo precedente
per ospitare i malati di peste, cioè Borgo
San Giovanni Battista (oggi Corso Cairoli). Gli abitanti
di quella zona, chiamata fin d'allora "le casette",
erano soprattutto contadini locali ed emigrati albanesi
molto devoti al Cattolicesimo ma che venivano visti
in maniera quasi ostile da gli altri abitanti della
città. L'edilizia privata vive un grande periodo;
infatti vengono edificati: Palazzo Floriani (1531-1541),
Palazzo Ciccolini (1546-1550), il così detto
Palazzo dei Diamanti della famiglia Mozzi (1535),
Palazzo Marchetti (1560), Palazzo Mozzi (1570), Palazzo
Ciccotto Mozzi (1566). Anche per l'edilizia religiosa
furono anni irripetibili con le seguenti costruzioni:
la chiesa ed il monastero di Santa Croce (1503), la
chiesa di Santa Maria delle Vergini (1550-1577) un'opera
di Galasso Alghisi da Carpi, le chiese di San Liberato
e San Rocco. Praticamente il secolo si conclude con
una città completamente trasformata sia a livello
edilizio che a livello urbanistico in senso stretto
e soprattutto la città era in netta espansione.
Dopo un secolo d'oro venne un secolo buio. Il papa
Clemente VIII, con la bolla De Bono Regimine, accentrò
tutto il potere politico-amministrativo a Roma; questo
portò alla città una riduzione del territorio
da essa controllato, meno peso politico all'interno
dello Stato della Chiesa, una regressione a livello
economico e demografico. Sia l'edilizia privata che
quella pubblica fecero una brusca frenata con alcune
eccezioni come il riassetto della strada nuova (odierno
Corso della Repubblica), la costruzione di Porton
Pio alla fine del quartiere fuori Porta Romana, l'allargamento
della strada che portava al colle di Santa Croce.
Nonostante questo si edificarono altre nuove chiese,
quella di San Paolo (1623-1655) e quella di San Giovanni
(1600-1655). L'accentramento del potere si fece risentire,a
distanza di anni, anche a livello di attaccamento
al Governo pontificio. Infatti all'interno del ceto
borghese, che negli anni si era formato e rinforzato,
c'era chi ammirava le prime idee illuministiche che
venivano dall'estero, mentre con molta foga il clero
combatté questa modernità. Tale secolo
vide le famiglie nobili, frustrate per l'esclusione
dalla vita politica, investire in costruzioni di case
e ville lussuose da menzionarne alcune come quella
dei conti Bonaccorsi iniziata nel 1707 e finita nell'arco
di 20 anni, Palazzo Asclepi-Salimbeni (1725), quello
dei Compagnoni (1736), Palazzo Pellicani (1736) e
grazie all'architetto Luigi Vanvitelli si deve Palazzo
Torri (1738-1758), sempre di questi anni è
l'atipico palazzo Costa (1756) mentre grazie a Giuseppe
Valadier si devono l'originale Palazzo De Vico (1793)
e il primo esempio di costruzione neoclassica a Macerata
cioè Palazzo Ugolini (1793). L'edilizia religiosa
registrò la nascita della chiesa di San Filippo,
totalmente barocca, grazie all'architetto romano Giovan
Battista Contini, venne ristrutturato il duomo e costruita
San Giorgio (1792-1798). Tra il 1767 e il 1774 viene
realizzato all'interno del palazzo comunale, affacciato
sulla piazza maggiore, il tuttora esistente teatro
tardobarocco su pianta a campana, oggi chiamato Lauro
Rossi in onore del compositore maceratese vissuto
nel secolo successivo; il progetto inviato allo scopo
dal rinomato specialista Antonio Galli Bibiena venne
ridotto alle giuste dimensioni del sito disponibile
dall'architetto camerale Cosimo Morelli da Imola.
Il secolo si chiuse con l'arrivo dell'esercito napoleonico
che era sceso in Italia ed aveva occupato anche le
Marche; questo portò grande entusiasmo tra
i borghesi e tra qualche popolano perché vedevano
concretizzate le loro idee di giustizia e di libertà;
la città fu aggregata alla Repubblica Romana
nel 1798 con il grado di capoluogo del Musone[senza
fonte]. Dopo alcuni momenti, vista anche la soppressione
degli ordini religiosi e la forte pressione fiscale,
l'entusiasmo si trasformò in un forte sentimento
di reazione che nel 1799 sfociò in un duro
moto che costrinse le truppe napoleoniche a fuggire
dalla città. Queste però tornarono più
forti di prima e dopo cinque giorni di battaglia,
il 5 luglio, riuscirono a fare una breccia ed ad entrare
dandosi al saccheggio, alla profanazione di chiese
e all'assassinio di circa 360 persone[senza fonte]
di cui molti di classi disagiate che abitavano nei
quartieri fuori le mura, come le "Fosse"
e le "Casette", che vennero visti come i
più probabili responsabili dei moti. Le cannonate
francesi, oltre ai morti, fece gravi danni a Porta
Romana e così si decise di sostituire la porta
con una cancellata in ghisa, da quel giorno la zona
viene chiamata "i cancelli". Costituitosi
il Regno Italico venne elevata al rango di capoluogo
del dipartimento del Musone[senza fonte] (1808-1814).
Nel maggio del 1815 vide lo sbandamento delle truppe
di Gioacchino Murat battute dagli austriaci nella
battaglia di Tolentino. Nel 1817 a Macerata c'è
la prima insurrezione Italiana di stampo carbonaro[senza
fonte], infatti grazie all'adesione di alcuni reduci
delle armate napoleoniche e murattiane si organizzò
a Macerata una "vendita massonica" che aderì
come detto alla carboneria. Aldilà del goffo
tentativo, subito represso dalle autorità,
esso rappresentò la voglia di libertà
e la presa di coscienza dei propri diritti da parte
della popolazione. Nel 1832 l'ingegner Innocenzi e
l'architetto Aleandri costruiscono lo Sferisterio
che serviva da stadio per il gioco del bracciale e
per altre attività; tale opera, occorre ricordarlo,
fu incastonato perfettamente tra Piazza Mercato, il
quartiere le "casette" e la "cocolla"
per costruirlo venne abbattuta e poi ricostruita la
Porta Mercato. Molti maceratesi presero parte nel
'800 alle campagne per l'indipendenza dell'Italia.
Nel gennaio del 1849 Giuseppe Garibaldi soggiorna
a Macerata per costruire la legione maceratese, che
a Roma, provò invano a salvare la Repubblica
Romana, e che rifulse per valore nella battaglia di
Porta San Pancrazio; su una lapide nel palazzo comunale
è riprodotta la lettera che Garibaldi diresse
ai Maceratesi. Lo stesso Giuseppe Garibaldi fu eletto
proprio a Macerata come deputato alla costituente[senza
fonte] della sopracitata neonata repubblica. Dopo
la battaglia di Castelfidardo, che vide l'esercito
del pontefice uscirne sconfitto da quello dei Savoia,
e il seguente plebiscito del 4 novembre 1860 che portò
le Marche ad annettersi al neonato Regno d'Italia
la città, forse perché era stata da
molto fedele al potere dei Papi, o forse perché
fino ad allora aveva sempre tenuto in mano i poteri
politici-amministrativi regionali, venne punita. Infatti
l'università perse tre facoltà a vantaggio
di Ancona e sempre a vantaggio dei dorici andò
il Comando militare e la Corte d'appello del tribunale.
Chiaramente questo creò non pochi disagi alla
città che perse di colpo il suo prestigio esercitato
in un piccolo stato e si ritrovò ad essere
una piccola città in un grande Stato. In questo
secolo così travagliato occorre ricordare che
in città fu costruito il nuovo manicomio in
stile neoclassico e in cotto, la Loggia del Grano
(1841) e ricostruita la facciata della chiesa di Santa
Croce. Il nuovo Stato non è un sinonimo solo
negativo per i maceratesi che infatti cominciano ad
appassionarsi alla nuova vita sociale e alla politica
che gli viene offerta. Molti in città non possono
votare, visto che il diritto al voto è legato
al reddito, e una buona parte che ne ha diritto non
vota seguendo il non expedit di papa Pio IX. Occorre
però dire che nonostante tutto questo in molti
si appassionano alla politica e come a livello nazionale
anche a livello comunale nascono le prime associazioni
di mutuo soccorso, circoli (come quello garibaldino
del Giardinetto) e partiti politici: repubblicano
(che aveva poco seguito in città), liberale
seguitissimo da molti abitanti del centro e dai borghesi
in genere, infine il socialista con i quartieri più
popolani attratti da tali idee. I socialisti erano
forti soprattutto nello storico quartiere rosso delle
"casette" che equivale come già detto
all'odierno Corso Cairoli. Con il nuovo arriva anche
la tecnologia con l'erogazione dell'energia elettrica
che apriva la strada dello sviluppo industriale, ma
soprattutto arrivò la ferrovia che collegò
la città alle grandi vie di comunicazione.
Il secolo si apre con la città che incomincia
una lenta crescita demografica e con gli abitanti
che pian piano incominciano a costruire case private
anche fuori dalle mure. Tre quartieri in particolare
cominciano a formarsi: il primo di stampo borghese
è quello della zona della stazione dove vengono
edificate le case dei più benestanti del tempo,
un altro quartiere di benestanti venne creato vicino
Piazza Dell'Armi (lo stadio dei Pini di oggi) in due
punti distinti uno dietro l'odierno Corso Cavour (via
Morbiducci) ed un altro punto era l'odierno viale
Carradori, infine fu ampliato il quartiere popolare
di "Villa Ficana" che sorge sul colle di
Santa Croce. Sempre in questi anni si edificarono
la chiesa dell'Immacolata (1893-1917) situata in pieno
Corso Cavour e la chiesa di Corso Cairoli nominata
Sacro Cuore (1909-1913). La guerra di Libia rinfocolò
gli attriti tra i partiti che si trovarono alle prese
con una grave crisi internazionale. Anche a Macerata
ci furono dei contrasti tra gli interventisti del
partito nazionalista, capeggiato da Mazzantini, e
i neutralisti del partito socialista (che in realtà
era diviso in due correnti); questa tensione sfociò
in un'aggressione da parte dei socialisti ai nazionalisti
durante una conferenza pro-intervento di Cesare Battisti.
Molti Maceratesi presero parte alla Grande Guerra
formando la "Brigata Macerata" che si fece
segnalare per il grande coraggio con cui andava in
battaglia. Dopo la guerra, anche a Macerata, ci furono
gravi problemi di ordine pubblico per motivi politici;
infatti dopo la marcia su Roma i fascisti anche in
città presero il potere e diedero la caccia
ai nemici di sempre entrando dentro la sede dei socialisti,
bruciando la casa del popolo e devastando alcune osterie
del quartiere le "casette". Per fortuna
della città due podestà moderati (Benignetti
e Magnalbò) evitarono gravi atti di intolleranza
da parte delle squadracce, e promossero opere pubbliche.
Nonostante questo nel 1926 si tenne in città
il Congresso nazionale della FUCI con la partecipazione
di monsignor Montini e si verificarono forti contestazioni
da parte dei fascisti, preludio alla soppressione
dei circoli di Azione Cattolica (1931). Da menzionare
le opere fatte in questi anni: Palazzo delle Poste
(1922), Palazzo degli Studi (1931), lo Stadio della
Vittoria (1926) dove giocava la Maceratese, l'adiacente
Monumento ai Caduti (1928-1932) e con l'abbattimento
del Porton Pio si ha la creazione della scenografa
Piazza Della Vittoria che servì anche per facilitare
la viabilità della zona, Palazzo del Mutilato
(1938) infine è da menzionare il Palazzo del
fascio (oggi vi è il catasto) sito in Piazza
Mercato (Piazza Mazzini) appena dietro lo Sferisterio.
Nel 1943 dopo la caduta del fascismo molti cittadini
scesero in piazza per festeggiare, ma la felicità
durò poco visto che l'occupazione nazista arrivò
senza remore anche a Macerata. I bombardamenti degli
alleati colpirono il quartiere di Corso Cavour (fu
distrutta la Caserma Castelfidardo) e quello di Corso
Cairoli (vicino c'era il Distretto militare oggi è
la sede dell'anagrafe e di altri uffici comunali)
e non mancarono morti e feriti soprattutto fra le
donne. Macerata venne definitivamente liberata nell'aprile
del 1944 dalle truppe polacche appartenenti alle forze
alleate. Da segnalare che a guerra finita fu pestato
a morte un noto fascista della città, e dopo
averlo trascinato per le vie cittadine attaccato ad
un carro trainato dai buoi, fu impiccato a testa in
giù vicino allo Sferisterio. L'economia torna
a girare soprattutto grazie all'agricoltura, al commercio
e al terziario vero motore economico della città
nel '900. Intorno agli anni '50 il problema principale
fu quello di trovare un tetto per i moltissimi sfollati
così si ampliarono diverse zone (le Casette,
le Fosse, Ficana e le Vergini) e si crearono nuovi
quartieri popolari come: la Pace, le Casermette (cioè
San Francesco), il rione Marche e nei decenni successivi
le Due Fonti, Collevario e Colleverde. Negli anni
'80 la città tocca il suo massimo picco demografico
grazie anche all'edificazione di case popolari a Piediripa,
Sforzacosta e Villa Potenza. Nei primi anni '90 come
in gran parte d'Italia arriva una ventata d'immigrazione
che non porta grande criminalità soprattutto
grazie alla buona integrazione. I primi anni del nuovo
millennio sono da ricordare per la creazione di villette
a Corneto ed appartamenti nel quartiere Vergini. La
città è caratterizzata da una certa
qualità della vita che ancor oggi la rende
una delle città più vivibili grazie
anche ai molti punti "verdi" situati in
diverse zone: i Giardini Diaz, Villa Lauri, il Sasso
d'Italia e vari piccoli spazi verdi che sono presenti
in tutti i quartieri cittadini. Nel 2006 sono iniziati
i lavori per la realizzazione della galleria di collegamento
tra la zona di "Due Fonti" e "Fontescodella";
i lavori sono stati ultimati a fine 2007 e l'apertura
è avvenuta nel novembre 2008. Tale opera, la
più importante degli ultimi decenni, rende
più rapida la viabilità tra la valle
del Potenza a quella del Chienti, evitando di attraversare
l'area più urbana della città.